l 25 febbraio 2005, Jonathan ha inviato al Sindaco, Assessori e Consiglieri del Comune di Pescara la lettera che segue:
Nei giorni scorsi, come riportato dalla stampa locale, a Montesilvano c’è stata una vivace discussione all’interno della stessa maggioranza che governa la città sull’opportunità di istituire un registro delle unioni civili o delle “coppie di fatto”.
L’ipotesi è stata avanzata dal vicesindaco, al quale hanno prontamente ribattuto diversi esponenti della maggioranza.
Anche con toni goliardici: l’idea è stata definita dal consigliere della Margherita Stefano Di Blasio una «bischerata». Il presidente del Consiglio comunale Massimiliano Pavone (sempre della Margherita), più elegantemente (considerato il suo alto ruolo istituzionale), ha affermato che la discussione su tale eventualità sarebbe possibile solo escludendo dal registro le coppie omosessuali.
Quest’ultima specificazione è quantomeno bizzarra. Scopo del registro è il riconoscimento di convivenze di fatto anche motivate dalla semplice solidarietà. Chi potrebbe sindacare sui gusti di due persone dello stesso sesso?
Questi signori, che almeno una volta si saranno pavoneggiati con abbondanti richiami all’Europa, dovrebbero informarsi: la Danimarca ha riconosciuto nel 1989 le unioni omosessuali, la Svezia lo ha fatto nel 1994, l’Olanda nel 1998, la Francia nel 1999, il Belgio e la Germania nel 2000 ed è quanto sta facendo il Governo della cattolicissima Spagna (il tutto dopo che tre importanti Regioni – la Catalogna nel 1998, l’Aragona nel 1999 e la Navarra nel 2000 – avevano già provveduto nell’ambito delle loro autonomie). Escano dunque Di Blasio e Pavone dalla preistoria culturale alla quale appartengono ed entrino in Europa.
Pavone, per darsi una copertura, ha cautamente chiamato in correo il city manager della città, il quale avrebbe prodotto un circostanziato parere in base al quale l’istituzione di un registro sarebbe incoerente con la normativa nazionale, che non prevede ancora il riconoscimento delle coppie di fatto.
Ferma restando l’autonomia del Comune di Montesilvano, il bravo city manager della città abruzzese dovrebbe studiare quanto hanno fatto altri Comuni, Province e Regioni che, in base al principio dell’autonomia, hanno diversamente disposto.
Questo è un elenco di Comuni che hanno già istituito o stanno istituendo un registro delle unioni civili: Arezzo, Bagheria, Bari, Bologna, Bolzano, Calcinaia, Campi Bisenzio, Casalgrande, Cascina, Cento, Cosenza, Desio, Empoli, Fano, Ferrara, Firenze, Gallarate, Gubbio, Inzago, La Spezia, Livorno, Modena, Monfalcone, Montebruno, Perugia, Piombino, Pistoia, Pisa, Pizzo Calabro, Prato, Reggio Emilia, Riccione, Rivoli, Rosignano, Rovereto, Salerno, San Canzian d’Isonzo, San Miniato, Sanremo, Savona, Scandicci, Siena, Trezzo sull’Adda, Vaiano Cremasco, Vicenza, Voghera. È stilato da una semplice ricerca su internet e il city manager (che, con tanta qualifica, sicuramente saprà navigare in rete) potrà verificare se in quei Comuni si annidano allegri eversori.
Sappia anche che alcune Regioni hanno ricosciuto con diversi atti, lo stanno facendo, i diritti delle coppie di fatto: ancora nel 1998 la Valle d’Aosta e, a seguire, la Toscana, l’Umbria e la Campania.
Richiamato quanto sopra, non possiamo fare a meno di ricordare che, ormai da un anno, presso i competenti uffici del Comune di Pescara giacciono nel dimenticatoio ben due proposte di delibere istitutive del registro delle unioni civili, presentate dai gruppi consiliari di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra.
Ci risulta che le proposte di deliberazioni provenienti dai consiglieri o dai gruppi debbano andare un aula secondo la procedura indicata all’articolo 21 del Regolamento del Consiglio comunale (un appunto: tale Regolamento, così come lo Statuto, non è rintracciabile sul sito web del Comune, pur tanto articolato da riportare una galleria fotografica dedicata al Sindaco).
Il Regolamento stabilisce questo iter: la proposta di delibera viene inviata al Presidente del Consiglio comunale, il quale la trasmette al Segretario comunale per un parere di legittimità tecnica ed economica. Ottenuto tale parere, la proposta di delibera viene sottoposta al Sindaco ed alla Giunta, i quali, espresso un proprio parere, la rimettono alla Comissione consiliare competente. Questa si esprime scegliendo se iscrivere la proposta di delibera all’ordine del giorno del Consiglio comunale.
Ci risulta che le due proposte di delibera sull’istituzione del registro delle unioni civili a Pescara abbiano da mesi ricevuto il parere di legittimità tecnica ed economica da parte del Segretario comunale.
Si può dunque pensare che da mesi il Sindaco e la Giunta abbiano in esame le due proposte di delibera.
Come si attinge ancora dal dovizioso sito ufficiale del Comune di Pescara, il Sindaco, nelle proprie linee programmatiche (capitolo La città fiorente e solidale, paragrafo La famiglia) specifica che «la coalizione di centrosinistra, rispettosa di tutte le opinioni, portatrice con pari dignità di valori di ispirazione religiosa e di valori laici, apertamente impegnata nella difesa della laicità dello Stato e delle Istituzioni, conferma la sua linea di azione politica, intransigente nella difesa dei diritti della persona umana e del ruolo insostituibile della famiglia come luogo di formazione morale e culturale della persona stessa. L’impegno politico comune, in nome dello sviluppo giusto e solidale, con esponenti della cultura laica e con non credenti non può significare un affievolirsi dell’attenzione riservata ai temi della famiglia, sia pure nella sua accezione laica, affermata dall’art. 29 della Costituzione, che la definisce società naturale fondata sul matrimonio».
È pari pari quanto contenuto nel volantone della Margherita per le ultime elezioni amministrative, solo che allora alle parole «società naturale fondata sul matrimonio» faceva seguito questa specificazione «e che quindi non consente di parificare ad essa le unioni di fatto, né tanto meno le unioni omosessuali in particolare ai fini delle adozioni e della procreazione assistita».
Il Sindaco, rappresentando tutti ma quantomeno una coalizione dove qualcuno la pensa diversamente, ha saggiamente pensato di non citare quella seconda parte nelle proprie linee programmatiche.
Ha fatto bene, perché a certe esplicite affermazioni si può opporre che l’Assemblea costituente scrisse l’articolo 29 per tutelare la famiglia così come era conosciuta quando la Costituzione venne promulgata.
L’articolo 29 è fatto di 33 parole, le seguenti: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare».
L’articolo 29, seguito dagli articoli 30 e 31 (che riguardano le agevolazioni economiche e la tutela della salute) non sembra escludere il possibile riconoscimento di forme di tutela verso forme di convivenza non ancora riconoscibili ai tempi della promulgazione della Costituzione.
Certo il tema è complesso e noi non siamo costituzionalisti.
Comunque la Corte costituzionale (il cui parere su certi argomenti è ovviamente insindacabile) si è recentemente espressa.
Nel 2004 lo Statuto approvato dalla Regione Toscana è stato impugnato dal Governo e trasmesso alla Corte anche perché contemplava il riconoscimento delle unioni civili, pure quelle omosessuali. Alla fine dell’anno la Corte respingeva il ricorso e legittimava le scelte della Regione.
Il nuovo Statuto regionale è entrato in vigore lo scorso 11 febbraio.
Ecco cosa ha dichiarato Erasmo D’Angelis, consigliere regionale e presidente della Margherita toscana: «questa è una bellissima giornata perché la Toscana ha un nuovo Statuto che dà più forza ai nuovi diritti di cittadinanza innestati saldamente nei principi costituzionali. Dal voto agli immigrati residenti al riconoscimento delle unioni stabili, ma prive del vincolo del matrimonio, dalla tutela dell’ ambiente a quella dei beni culturali, dagli strumenti per la partecipazione al riequilibrio di poteri tra giunta e consiglio: sono molte le norme innovative e uniche in Italia inserite tra i nostri principi generali».
Il presidente della commissione statuto Piero Pizzi (Forza Italia), che pure sta all’opposizione, ha specificato che «è stato un lavoro difficile e, in alcuni momenti, il confronto fra le forze politiche ha fatto temere l’impossibilità di pervenire al varo di uno Statuto ampiamente condiviso e rappresentativo di tutta la Toscana. Come Forza Italia ci siamo impegnati molto avanzando proposte importanti che hanno arricchito il contenuto soprattutto sugli aspetti relativi all’equilibrio dei poteri, al ruolo delle opposizioni, alla qualità della funzione normativa, al rapporto tra Consiglio regionale e società. In sostanza, per riconoscimento unanime, si tratta del migliore Statuto fra quelli finora varato dalle Regioni italiane in quanto a riequilibrio dei poteri e tutela e valorizzazione del confronto democratico nell’Assemblea, dove tutti i territori provinciali saranno finalmente rappresentati».
Al di là dell’accento sui temi specifici, è stata larga la soddisfazione nell’accogliere la decisione della Corte costituzionale sul complesso dello Statuto.
Ma il punto non è il dibattere sulla Costituzione. È un altro: quante sono le proposte di delibera che da un anno attendono l’iscrizione all’ordine del giorno del Consiglio comunale di Pescara? Non è che quelle sull’istituzione del registro delle unioni civili hanno meno dignità delle altre?
Siamo sicuri che il Sindaco, che fa dell’accoglienza un proprio principio guida, la Giunta e il Consiglio comunale, sapranno riflettere sull’utilità di una discussione che, almeno sul piano dei valori, potrebbe confortare una parte consistente della cittadinanza: se è vero quanto riporta l’Eurispes nel proprio Rapporto annuale 2003, cioè che gli omosessuali sono stimati in Italia sui 5 milioni (quasi il 10% della popolazione), questa “categoria” comprederebbe a Pescara almeno diecimila persone. E l’istituzione del registro delle unioni civili non riguarderebbe solo loro.
Chiediamo ai rappresentanti dei Cittadini di esprimersi finalmente sulle due proposte di delibere per l’istituzione del registro delle unioni civili a Pescara.
Se ciò non avvenisse, almeno diecimila pescaresi dovranno pensare che un argomento che da vicino tocca la loro sensibilità sia stato considerato una simpatica «bischerata».
Le persone omosessuali sono state e sono molto discriminate (fino allo sterminio: nei campi di concentramento nazisti gli omosessuali erano identificati con il triangolo rosa. Alcuni storici giungono a stimare 250.000 omosessuali eliminati), non si contano i lazzi e le allusioni.
Per quanto riguarda i diritti, le persone omosessuali non li hanno ancora tutti. Ma ce ne è uno del quale, fino a decisione contraria, le persone omosessuali ben informate sicuramente godono: quello di voto.
L’ipotesi è stata avanzata dal vicesindaco, al quale hanno prontamente ribattuto diversi esponenti della maggioranza.
Anche con toni goliardici: l’idea è stata definita dal consigliere della Margherita Stefano Di Blasio una «bischerata». Il presidente del Consiglio comunale Massimiliano Pavone (sempre della Margherita), più elegantemente (considerato il suo alto ruolo istituzionale), ha affermato che la discussione su tale eventualità sarebbe possibile solo escludendo dal registro le coppie omosessuali.
Quest’ultima specificazione è quantomeno bizzarra. Scopo del registro è il riconoscimento di convivenze di fatto anche motivate dalla semplice solidarietà. Chi potrebbe sindacare sui gusti di due persone dello stesso sesso?
Questi signori, che almeno una volta si saranno pavoneggiati con abbondanti richiami all’Europa, dovrebbero informarsi: la Danimarca ha riconosciuto nel 1989 le unioni omosessuali, la Svezia lo ha fatto nel 1994, l’Olanda nel 1998, la Francia nel 1999, il Belgio e la Germania nel 2000 ed è quanto sta facendo il Governo della cattolicissima Spagna (il tutto dopo che tre importanti Regioni – la Catalogna nel 1998, l’Aragona nel 1999 e la Navarra nel 2000 – avevano già provveduto nell’ambito delle loro autonomie). Escano dunque Di Blasio e Pavone dalla preistoria culturale alla quale appartengono ed entrino in Europa.
Pavone, per darsi una copertura, ha cautamente chiamato in correo il city manager della città, il quale avrebbe prodotto un circostanziato parere in base al quale l’istituzione di un registro sarebbe incoerente con la normativa nazionale, che non prevede ancora il riconoscimento delle coppie di fatto.
Ferma restando l’autonomia del Comune di Montesilvano, il bravo city manager della città abruzzese dovrebbe studiare quanto hanno fatto altri Comuni, Province e Regioni che, in base al principio dell’autonomia, hanno diversamente disposto.
Questo è un elenco di Comuni che hanno già istituito o stanno istituendo un registro delle unioni civili: Arezzo, Bagheria, Bari, Bologna, Bolzano, Calcinaia, Campi Bisenzio, Casalgrande, Cascina, Cento, Cosenza, Desio, Empoli, Fano, Ferrara, Firenze, Gallarate, Gubbio, Inzago, La Spezia, Livorno, Modena, Monfalcone, Montebruno, Perugia, Piombino, Pistoia, Pisa, Pizzo Calabro, Prato, Reggio Emilia, Riccione, Rivoli, Rosignano, Rovereto, Salerno, San Canzian d’Isonzo, San Miniato, Sanremo, Savona, Scandicci, Siena, Trezzo sull’Adda, Vaiano Cremasco, Vicenza, Voghera. È stilato da una semplice ricerca su internet e il city manager (che, con tanta qualifica, sicuramente saprà navigare in rete) potrà verificare se in quei Comuni si annidano allegri eversori.
Sappia anche che alcune Regioni hanno ricosciuto con diversi atti, lo stanno facendo, i diritti delle coppie di fatto: ancora nel 1998 la Valle d’Aosta e, a seguire, la Toscana, l’Umbria e la Campania.
Richiamato quanto sopra, non possiamo fare a meno di ricordare che, ormai da un anno, presso i competenti uffici del Comune di Pescara giacciono nel dimenticatoio ben due proposte di delibere istitutive del registro delle unioni civili, presentate dai gruppi consiliari di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra.
Ci risulta che le proposte di deliberazioni provenienti dai consiglieri o dai gruppi debbano andare un aula secondo la procedura indicata all’articolo 21 del Regolamento del Consiglio comunale (un appunto: tale Regolamento, così come lo Statuto, non è rintracciabile sul sito web del Comune, pur tanto articolato da riportare una galleria fotografica dedicata al Sindaco).
Il Regolamento stabilisce questo iter: la proposta di delibera viene inviata al Presidente del Consiglio comunale, il quale la trasmette al Segretario comunale per un parere di legittimità tecnica ed economica. Ottenuto tale parere, la proposta di delibera viene sottoposta al Sindaco ed alla Giunta, i quali, espresso un proprio parere, la rimettono alla Comissione consiliare competente. Questa si esprime scegliendo se iscrivere la proposta di delibera all’ordine del giorno del Consiglio comunale.
Ci risulta che le due proposte di delibera sull’istituzione del registro delle unioni civili a Pescara abbiano da mesi ricevuto il parere di legittimità tecnica ed economica da parte del Segretario comunale.
Si può dunque pensare che da mesi il Sindaco e la Giunta abbiano in esame le due proposte di delibera.
Come si attinge ancora dal dovizioso sito ufficiale del Comune di Pescara, il Sindaco, nelle proprie linee programmatiche (capitolo La città fiorente e solidale, paragrafo La famiglia) specifica che «la coalizione di centrosinistra, rispettosa di tutte le opinioni, portatrice con pari dignità di valori di ispirazione religiosa e di valori laici, apertamente impegnata nella difesa della laicità dello Stato e delle Istituzioni, conferma la sua linea di azione politica, intransigente nella difesa dei diritti della persona umana e del ruolo insostituibile della famiglia come luogo di formazione morale e culturale della persona stessa. L’impegno politico comune, in nome dello sviluppo giusto e solidale, con esponenti della cultura laica e con non credenti non può significare un affievolirsi dell’attenzione riservata ai temi della famiglia, sia pure nella sua accezione laica, affermata dall’art. 29 della Costituzione, che la definisce società naturale fondata sul matrimonio».
È pari pari quanto contenuto nel volantone della Margherita per le ultime elezioni amministrative, solo che allora alle parole «società naturale fondata sul matrimonio» faceva seguito questa specificazione «e che quindi non consente di parificare ad essa le unioni di fatto, né tanto meno le unioni omosessuali in particolare ai fini delle adozioni e della procreazione assistita».
Il Sindaco, rappresentando tutti ma quantomeno una coalizione dove qualcuno la pensa diversamente, ha saggiamente pensato di non citare quella seconda parte nelle proprie linee programmatiche.
Ha fatto bene, perché a certe esplicite affermazioni si può opporre che l’Assemblea costituente scrisse l’articolo 29 per tutelare la famiglia così come era conosciuta quando la Costituzione venne promulgata.
L’articolo 29 è fatto di 33 parole, le seguenti: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare».
L’articolo 29, seguito dagli articoli 30 e 31 (che riguardano le agevolazioni economiche e la tutela della salute) non sembra escludere il possibile riconoscimento di forme di tutela verso forme di convivenza non ancora riconoscibili ai tempi della promulgazione della Costituzione.
Certo il tema è complesso e noi non siamo costituzionalisti.
Comunque la Corte costituzionale (il cui parere su certi argomenti è ovviamente insindacabile) si è recentemente espressa.
Nel 2004 lo Statuto approvato dalla Regione Toscana è stato impugnato dal Governo e trasmesso alla Corte anche perché contemplava il riconoscimento delle unioni civili, pure quelle omosessuali. Alla fine dell’anno la Corte respingeva il ricorso e legittimava le scelte della Regione.
Il nuovo Statuto regionale è entrato in vigore lo scorso 11 febbraio.
Ecco cosa ha dichiarato Erasmo D’Angelis, consigliere regionale e presidente della Margherita toscana: «questa è una bellissima giornata perché la Toscana ha un nuovo Statuto che dà più forza ai nuovi diritti di cittadinanza innestati saldamente nei principi costituzionali. Dal voto agli immigrati residenti al riconoscimento delle unioni stabili, ma prive del vincolo del matrimonio, dalla tutela dell’ ambiente a quella dei beni culturali, dagli strumenti per la partecipazione al riequilibrio di poteri tra giunta e consiglio: sono molte le norme innovative e uniche in Italia inserite tra i nostri principi generali».
Il presidente della commissione statuto Piero Pizzi (Forza Italia), che pure sta all’opposizione, ha specificato che «è stato un lavoro difficile e, in alcuni momenti, il confronto fra le forze politiche ha fatto temere l’impossibilità di pervenire al varo di uno Statuto ampiamente condiviso e rappresentativo di tutta la Toscana. Come Forza Italia ci siamo impegnati molto avanzando proposte importanti che hanno arricchito il contenuto soprattutto sugli aspetti relativi all’equilibrio dei poteri, al ruolo delle opposizioni, alla qualità della funzione normativa, al rapporto tra Consiglio regionale e società. In sostanza, per riconoscimento unanime, si tratta del migliore Statuto fra quelli finora varato dalle Regioni italiane in quanto a riequilibrio dei poteri e tutela e valorizzazione del confronto democratico nell’Assemblea, dove tutti i territori provinciali saranno finalmente rappresentati».
Al di là dell’accento sui temi specifici, è stata larga la soddisfazione nell’accogliere la decisione della Corte costituzionale sul complesso dello Statuto.
Ma il punto non è il dibattere sulla Costituzione. È un altro: quante sono le proposte di delibera che da un anno attendono l’iscrizione all’ordine del giorno del Consiglio comunale di Pescara? Non è che quelle sull’istituzione del registro delle unioni civili hanno meno dignità delle altre?
Siamo sicuri che il Sindaco, che fa dell’accoglienza un proprio principio guida, la Giunta e il Consiglio comunale, sapranno riflettere sull’utilità di una discussione che, almeno sul piano dei valori, potrebbe confortare una parte consistente della cittadinanza: se è vero quanto riporta l’Eurispes nel proprio Rapporto annuale 2003, cioè che gli omosessuali sono stimati in Italia sui 5 milioni (quasi il 10% della popolazione), questa “categoria” comprederebbe a Pescara almeno diecimila persone. E l’istituzione del registro delle unioni civili non riguarderebbe solo loro.
Chiediamo ai rappresentanti dei Cittadini di esprimersi finalmente sulle due proposte di delibere per l’istituzione del registro delle unioni civili a Pescara.
Se ciò non avvenisse, almeno diecimila pescaresi dovranno pensare che un argomento che da vicino tocca la loro sensibilità sia stato considerato una simpatica «bischerata».
Le persone omosessuali sono state e sono molto discriminate (fino allo sterminio: nei campi di concentramento nazisti gli omosessuali erano identificati con il triangolo rosa. Alcuni storici giungono a stimare 250.000 omosessuali eliminati), non si contano i lazzi e le allusioni.
Per quanto riguarda i diritti, le persone omosessuali non li hanno ancora tutti. Ma ce ne è uno del quale, fino a decisione contraria, le persone omosessuali ben informate sicuramente godono: quello di voto.