5 ottobre 2007 – Sbigottiti e indignati
Siamo sbigottiti e indignati di fronte al mandato attribuito ai carabinieri di Montesilvano di reprimere il fenomeno della prostituzione ricorrendo a una norma del 1931 contro l’uso della maschera in luoghi pubblici.
È stata applicata nei confronti di due persone transessuali che, con evidenza, nulla nascondevano: la loro vita rientra in una precisa scelta di genere, che è stata loro violentemente negata dai carabinieri della città adriatica.
Pensiamo che in questo modo non si reprima il fenomeno della prostituzione. Al massimo si creano una prostituzione di serie A e una di serie B: se sei persona transessuale, dunque “mascherata”, appartieni alla seconda categoria. Mostruoso!
Sconcerta poi che, da quanto pubblicato sulla stampa, gli interventi poggiati sul cavillo giuridico del 1931 siano stati sollecitati dallo stesso prefetto nell’ultimo Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Il prefetto, da importante funzionario dello Stato, pur se principale tutore della sicurezza pubblica dovrebbe chiedersi se questo approccio non produca un danno ben superiore a quello della prostituzione, dal momento che mette in discussione, più in generale, garanzie di uguaglianza delle cittadine e dei cittadini che rientrano in un ambito costituzionale, nonché in quello di una normativa nazionale ed europea, anche in evoluzione, che non risale al Ventennio ma ai tempi odierni …
Non andrebbe sottovalutata l’intelligente considerazione dell’onorevole Luxuria: l’applicazione di quella norma del 1931 potrebbe riguardare, a questo punto, lei stessa mentre si reca al Parlamento.
È improbabile che l’onorevole trovi due solerti carabinieri ad attenderla davanti al portone di Montecitorio (magari per l’occasione in alta uniforme e con pennacchio, perché sicuramente un prefetto puntiglioso si porrebbe anche il problema del giusto protocollo).
Ma è invece certo che far passare per una mascherata la scelta di genere di una persona (che scelga o sia costretta a prostituirsi o meno) alimenta quella persistente cultura discriminatoria che vede nelle persone transessuali personaggi televisivi o, all’opposto, soggetti dediti alla prostituzione.
Dunque l’onorevole Luxuria, che non si prostituisce e che frequenta gli studi televisivi principalmente per la carica che ricopre, è culturalmente equiparata a persona “mascherata”, con buona pace di una scelta di genere più che consapevole ed assolutamente palese.
Ci sono persone transessuali che lottano ogni giorno per fare quello che vorrebbero: sentirsi sé stesse e avere una vita sociale e affettiva. E lavorare. Persone che raramente riescono in ciò, ostacolate proprio da quella culturaccia che il ricorso all’articolo 85 di una legge del Ventennio altro non fa che alimentare.
Sembra che qualcuno abbia capito poco o nulla della vicenda di Manuela, una persona transessuale con doppia laurea e dunque presumibilmente capace di svolgere un qualche normale lavoro (se il titolo di studio vale qualcosa anche per le persone transessuali), ma costretta dalla vita e dalle discriminazioni a prostituirsi. E, nel prostituirsi, a correre i rischi che l’hanno portata alla morte.
Potremmo divertirci nell’immaginare due imbarazzati carabinieri a spiegare a una persona transessuale, nell’atto di prostituirsi, che “ella sta violando le leggi dello Stato in quanto mascherata”. Avranno o non avranno verificato se i seni stavano appesi con una cordicella o erano proprio veri? Eventuali ciglia finte saranno da considerare maschera? E se il trucco è leggero che si fa?
Però c’è poco da ridere. Che si prostituiscano o no, quelle persone transessuali sono persone e la loro scelta di genere non dovrebbe essere equiparata a una mascherata.
Nel dubbio, signor prefetto: chiedere agli onesti padri di famiglia, ai professionisti, ai manager e ai portavoce se, di notte e lungo il viale alberato, quando si fermano con la loro vettura di fronte a una persona transessuale pensano che sia Carnevale … a proposito: e a Carnevale che si fa? Il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica dispone l’impiego dell’esercito?
Jonathan – Diritti in movimento