Gay Pride
Nella notte del 28 giugno 1969 l’ennesimo raid della polizia contro un locale gay di New York, lo Stonewall, si scontrò con un fenomeno inatteso: i froci, anziché subire senza fiatare insulti, minacce e arresti, si ribellarono e reagirono. Fisicamente. Gli scontri che ne seguirono durarono per ben tre notti. Fu un trauma senza precedenti: checche, travestiti e froci le avevano date di santa ragione ai “macho” della polizia!
Questa violenza, se fu ingiustificabile come qualunque forma di violenza, suonò però la sveglia a un mondo che dormiva, catalizzando la nascita d’una nuova fase del movimento di liberazione omosessuale: il Gay Liberation Front.
Dopo decenni di lotta del movimento omofilo, sotto la parola d’ordine dignità, per educare la società compiacendola e mostrandole che gli omosessuali non sono affatto diversi, il neonato GLF lanciò una nuova parola d’ordine, Pride: fierezza. Fierezza della nostra identità e della nostra diversità, che non va camuffata e nascosta bensì vissuta alla luce del sole. Era nato il “Gay Pride”, espressione tradotta in italiano con orgoglio gay, ma che sarebbe meglio rendere con fierezza gay: pride non è infatti l’opposto della modestia, cioè la superbia (come ci rinfacciano i nostri nemici), bensì l’opposto della vergogna, cioè la tranquilla coscienza di non essere mostri ma solo esseri umani come gli altri. Tutto qui.
Ma basta così poco per sconvolgere la società dei “normali” e le loro certezze assolute. Si chiami pure come si vuole (orgoglio o fierezza) l’assenza di vergogna, resta il fatto che il “Gay Pride” esprime proprio questo: la fine di millenni di vergogna e paura. “I froci hanno perso quel loro sguardo ferito”, commentò il poeta gay Allen Ginsberg dopo i moti di Stonewall. Un anno dopo la rivolta di Stonewall fu lanciata l’idea di commemorarli ogni anno nella stessa data, e da allora il 28 giugno è il “Gay Pride day”, la giornata mondiale della fierezza (o se preferite, dell’orgoglio) gay, che si celebra nelle settimane attorno al 28 (da inizio giugno a inizio luglio). Tre decenni dopo, il Gay Pride è ormai parte del panorama politico e sociale di tutto il mondo.
Nei Paesi anglosassoni e nordeuropei attira partecipazioni oceaniche, nell’ordine delle centinaia di migliaia e a volte di milioni di gay, lesbiche, trans, bi, e di loro amici.In Australia, dove le stagioni sono (anche loro… ) invertite, alla data “invernale” di giugno s’è preferito l’estivo carnevale, e l’oceanico Gay Mardi Gras (Martedì Grasso gay) di Sidney è diventato tanto im-portante per l’economia nazionale da essere addirittura sovvenzionato dal Ministero del Turismo…
Con gli anni il carattere “militante” dei primi “Gay Pride days” ha lasciato spazio anche a una festa in cui la comunità omosessuale si manifesta in tutte le sue componenti, che gareggiano nel creare carri e gruppi i più colorati e originali possibile.
Prendendo atto – doverosamente – di questa crescita di articolazione, il Pride da semplicemente gay è diventato gay, lesbico bi & transessuale (abbreviato in GLBT).
La componente politica non è sparita (come dimostra la prontezza con cui un Gay Pride può essere mobilitato qui a favore di una legge sulle convivenze gay, là per sollecitare una più incisiva lotta contro l’Aids… fino al caso limite del Gay Pride israeliano, nel quale marciano assieme gay ebrei e gay palestinesi), ma con gli anni s’è intrecciata sempre di più con il carattere di “festa della comunità GLBT”, nella quale è possibile manifestare la serenità di chi è felice di essere quel che si è, ed è possibile avere la gioia di vedere che sono sempre di più le persone GLBT che non hanno paura di manifestarsi come tali.
Non a caso gli omofobi odiano più di qualunque altra cosa il Pride: l’omosessuale che si vergogna di quel che è lo possono tollerare (cioè sopportare), ma che metta in piazzala sua diversità, lo trovano intollerabile! Una simile manifestazione mette in dubbio che esista un solo ed unico stile di vita che ha il diritto (magari divino) ad essere visibile…
In Italia fino a tempi recenti il Pride non ha avuto un carattere di manifestazione di massa, restando e-spressione dell’area – molto motivata ma per forza di cose limitata – del movimento di liberazione lesbico e gay e trans (circa diecimila persone). Qui l’Italia ha scontato l’assenza di un movimento di liberazio-ne omosessuale prima del 1971: il popolo dei localie il Movimento GLB” hanno infatti tenuto a lungo strade separate.
Il World Pride del 2000 ha messo fine a questa situazione anche in Italia. Anziché la solita (scarsa) decina di migliaia di manifestanti, circa trecentomila persone (comprendenti anche molti cittadini non gay, ma solidali), hanno gremito Roma dopo che forze politiche e religiose di tutti i colori avevano cercato di impedire ai gay di manifestare. Gli argomenti usati erano stato talmente oscurantisti ed offensivi, il mondo GLBT era stato trattato in modo tanto palese come una realtà di serie zeta, che perfino il popolo dei locali, fin lì disinteressato al Pride, s’è ribellato ed ha reagito. Per la prima volta…
In un certo senso il World Pride è stata la nostra, vera, Stonewall… e senza violenze!
Il World Pride è stato al tempo stesso un momento di lotta e una grande festa, una miscela che si è ripetuta nel 2001. La grande paura, cioè che il Pride del 2000 fosse stato solo un fuoco di paglia, si è rivelata infondata, e molte decine di migliaia di persone hanno affollato i Pride dello scorso anno, nonostante l’emergenza fosse ormai passata.