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Fanzine Dicembre 2004

Odissea 2004

800861061 componendo il numero verde con un po’ di timore, preoccupato un po’ imbarazzato all’idea che qualche collega in ufficio mi venga a rompere le scatole proprio ora. Squilla. Risponde la voce di un ragazzo che mi mette subito a mio agio… Mi presento. Forse è il caso di partire da qualche mese fa…
Luglio 2004: sono al mare con il mio ragazzo e un amico-compagno d’associazione, nasce l’idea di realizzare un concerto che coinvolga più giovani possibile, così da riportare in primo piano un argomento caduto lentamente nel dimenticatoio collettivo: l’AIDS.
Torniamo ad oggi,al numero verde AIDS sotto gli occhi, una penna in mano, la cornetta incassata tra la spalla e l’orecchio e la voce gentile che mi parla. Spiego che vorremmo realizzare un opuscolo informativo per il primo dicembre, giornata mondiale della lotta all’AIDS, in cui vorremmo mettere anche i centri ospedalieri dell’Abruzzo presso i quali è possibile fare il test gratuito e anonimo.
La voce amica risponde picche, non è in possesso di queste informazioni… Rimango allibito e inizio a pensare… “cavolo, ho sbagliato numero… questo è il numero verde della Dash, non il numero AIDS dell’istituito Superiore della Sanità… che vergogna…” invece il numero è esatto.
La voce mi spiega che ormai sono anni che non hanno più i dati richiesti aggiornati; però c’è ancora una speranza: mi dice di chiamare l’Assessorato alla Sanità della Regione Abruzzo e di chiedere del Referente. Provo a chiedere un numero o un nome ma non sa dirmi chi sia…però aggiunge: “chi può saperne di più del Referente AIDS, dal momento che cura i fondi destinati alle attività?” Chiamo, risponde una donna. Rifaccio tutto il discorso daccapo, le narro dello sconveniente avuto precedentemente con il numero verde dell’I.S.S. ed ecco un’altra risposta da Guinnes dei “Primati”. “Primati” intesi come scimmie… Mi dice di chiamare i primari dei reparti di Malattie Infettive dei Presidi Ospedalieri nelle quattro province e di chiedere a loro. Rimango allibito. Sempre più in basso… Poi, a causa delle tasse che pago, su certi argomenti divento esigente, mi irrigidisco e faccio tante domande… ad esempio sul perché dobbiamo noi tutti pagare una persona che non sa nemmeno che lavoro sta facendo… Però ora ho altro da fare… Mi consiglia di chiamare direttamente i reparti di Malattie Infettive.
Le chiedo i nomi dei responsabili e mi dice che non sa quali siano!!! Chiudo la telefonata con un misto di tristezza, rabbia e sconforto, pensando impotente ai miei soldi sprecati… Riepilogo. Chiamo il numero nazionale dell’I.S.S. e mi dicono di chiamare il responsabile regionale. Chiamo in regione, e mi dicono di contattare i reparti di Malattie Infettive. Cos’altro mi aspetta? Magari chiamare i primari i quali mi passano gli infermieri?
Mi rassegno e vado avanti. L’opuscolo informativo si deve fare. Trovo i numeri su internet.
Inizio con i reparti di Chieti. Risponde una matta che mi dice che per fare il test devo andare a fare il certificato medico… Rispondo garbatamente che si sta sbagliando, perché il test può essere anonimo e gratuito, senza necessità dell’impegnativa del medico. Lei con voce ironica e di sfida mi dice che evidentemente ne so più io di lei. “Sta stronza! Chiamo i reparti interessati, almeno quelli me li ha saputi dire, e mi risponde un angelo. Vorrei passare attraverso la cornetta per baciarla. Il giorno ne approfitto per fare il test. Voglio conoscerla e ringraziarla. Sono perfino commosso.
Continuo con le mie telefonate, ora passo a Pescara. Parlo con un primario, che tanto di laurea e dall’altare della sua (scarsissima) conoscenza mi dà delle informazioni, e non può fare a meno di aggiunge: “la maggior parte dei sieropositivi sono gli omosessuali, e qui a Pescara ce ne stanno na freca”. NA FRECA? Apprezzo l’uso estemporaneo di espressioni dialettali, ma datesto l’ignoranza. Ci deve pure lavorare con queste informazioni!
Lo invito a visionare il sito (www.ministerosalute.it/aids/resources/aids/documenti/TABELLE_2003.pdf), con i dati aggiornati al 2003 del ministero della salute. Però non posso che biasimarlo, al di sopra di lui di certo non fanno molto, basta pensare a cosa mi è successo tempo prima con il numero verde… Riesco a concludere le telefonate, ho tutto ciò che mi serve. E’ solo l’inizio. Nel frattempo ci siamo incontrati con diverse associazioni e partiti, per cercare il finanziamento che ci desse la possibilità di realizzare la manifestazione ed un opuscolo. Incontriamo Maurizio Acerbo (segretario regionale di R.C.) e Daniela di Movimentazioni, spieghiamo loro di voler fare un’intera giornata di sensibilizzazione sull’argomento, pianifichiamo il film con le scuole, il teatro la sera, la conferenza stampa, la proiezione di corti ed il coinvolgimento di alcuni locali in Pescara Vecchia, la realizzazione dell’opuscolo…
Maurizio prende il cellulare e fa un paio di telefonate. Forse ce la facciamo!
Prepariamo le richieste. Ne mandiamo una anche alla regione, perché ogni anno è tenuta a stanziare fondi per la lotta all’AIDS; un’altra al Comune di Pescara. Alla regione Abruzzo abbiamo fatto la richiesta per un finanziamento una tantum di duemila euro, e seimila euro all’assessorato alla cultura del Comune di Pescara. Se tutto va bene, riusciamo ad ottenere seimila euro in totale; pochissimo per fare qualcosa di veramente grande. Il tempo stringe, ormai sono mesi che giriamo come matti da una parte all’altra, ma almeno iniziamo ad avere un punto di partenza; speriamo.
Ad oggi la Regione non ci ha ancora dato una risposta, e probabilmente mai lo farà.
Da onesto cittadino che paga le tasse mi chiedo: i soldi che dovrebbero essere destinati alla lotta all’AIDS, dove vanno a finire? A voi le risposte.
Però… nonostante tutto il caro Maurizio Acerbo qualche Euro forse ce li ha trovati, forse non tutto, ma qualcosa l’abbiamo. Così prendiamo appuntamento con la segreteria dell’assessorato alla Cultura del Comune di Pescara per un venerdì mattina alle ore 9.30. Era il 29 ottobre 2004. Prendiamo l’ennesimo giorno di ferie e sediamo ad aspettare. Non ci crederete, mi verrebbe da ridere, ma sono troppo depresso per fare lo scemo e scherzarci su. Voglio ribadire il concetto di appuntamento. Credo significhi (a questo punto metto il condizionale) che due o più persone, concordino di incontrarsi in un dato luogo in una data ora. Invece mi sbagliavo anche su questo. Giunti davanti la porta dell’Assessorato alla Cultura esce una donna che ci dice che l’assessore Adelchi De Collibus è uscito, e che sarebbe tornato a momenti. Poi il miracolo… Esce un signore con un’agenda in mano, ci dice che l’assessore è dentro (sarò passato dal cornicione o dal tubo dell’acqua?) ma è occupato. Si dispiace molto del malinteso e ci rassicura: richiamerà lui appena si libera. “Domani o al massimo la prossima settimana”.
Lasciamo i recapiti telefonici personali, e ci allontaniamo senza proferire parola.
Manca una settimana al primo dicembre. Chi sa quando il caro De Collibus si libererà per darci un altro appuntamento… Mi viene il dubbio che farà finta di nulla, eppure aveva fatto un bell’intervento alla nostra conferenza sul Pride. Aspettare. Ecco il verbo che dovrebbe scandire le nostre attività. Aspettare di essere ricevuti, aspettare i fondi, aspettare che il comune si decida a discutere e deliberare sulla nostra richiesta (del 23 ottobre 2003) di istituire un Registro delle Unioni Civili. Aspettare… Ma noi vogliamo muoverci, non vogliamo essere vittime della staticità e dell’indifferenza.
E’ inutile, non abbiamo più alcuna possibilità, ma almeno l’opuscolo lo dobbiamo fare, a qualunque costo, senza mezzi. Che cavolo! La HATU ci regala i preservativi, abbiamo preso un impegno, dobbiamo portarlo avanti. Almeno quello lo si deve fare.
Controlliamo la cassa del Jonathan. Mmmhhh, meno sei euro che qualcuno deve ancora riprendersi da settembre. Stiamo messi bene! Questo mese ci tocca rinunciare a qualcosa… Mettiamo mano al portafogli. Speriamo tanto sacrificio ne valga la pena…
Ringraziamo tutti coloro che hanno fatto di tutto per aiutarci, e un grazie particolare a tutti quelli che si sono chiesti perché quasi ed esclusivamente associazioni come la nostra fanno queste campagne ogni anno, avendo comunque coscienza del fatto che nel 2004 la categoria più colpita non sia quella degli omosessuali, ma quella del trentenne, eterosessuale benestante.
Questo editoriale, perché? Per far sorridere, sì, ma ancor più per far riflettere. Non vuole essere solo una denuncia dell’immobilismo e dell’indifferenza delle autorità preposte, ma un invito a capire.
Riusciremo a far comprendere che nel sesso usare la testa non vuol dire ragionare col cazzo?
Mirko

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