Perchè non siete ArciGay
Ci hanno fatto questa domanda così tante volte che abbiamo deciso di scriverne la risposta, così da non doverci ripetere all’infinito.
Rispettiamo l’Arcigay e riconosciamo che negli anni ’80 è stata un’istituzione importantissima per la creazione di una identità omosessuale italiana dopo i furori del FUORI!.
Oggi, però, le cose sono parecchio diverse da venti anni fa. Noi del Jonathan – Diritti in movimento ci troviamo a dissentire da molte scelte dell’Arcigay nazionale, sia sul campo formale che su quello politico.
L’Arcigay richiede, infatti, che tutte le associazioni locali affiliate siano dotate di un computer adibito all’emissione di tessere magnetiche che chiunque deve possedere (previo pagamento di € 14) prima dell’ingresso nell’associazione. In pratica, chi vuole solo vedere quello che si fa in un’associazione Arcigay prima di decidere se farne parte o meno deve comunque pagare per ottenere la tessera. L’Arcigay, così facendo, non solo guadagna parecchi soldi, ma può tenere continuamente aggiornato il numero dei suoi iscritti – e difatti tempo fa si è vantata di avere oltre 100.000 iscritti.
Ma qui c’è l’inghippo: le tessere non sono emesse solamente dai circoli e dalle associazioni, ma anche da saune, discoteche e altri luoghi che con la lotta politica hanno poco a che fare. E allora l’Arcigay è l’unica associazione che conta 100.000 iscritti di cui più di una buona metà non sa che il circolo Arci è una realtà nazionale (di cui l’Arcigay è solo una costola) che fa politica a sinistra e che la tessera Arci costa 5 euro per tutti, ma quando si trasforma in tessera Arcigay il prezzo lievita fino a diventare il triplo (forse perché c’è l’idea diffusa che i gay, non essendo loro permesso di avere una famiglia, possono spendere e spandere i loro soldi in barba alla crisi economica?).
Noi del Jonathan, invece, abbiamo scelto una strada diversa: crediamo che ciò che importa non siano tanto i numeri, quanto la consapevolezza dei membri e degli associati. Non abbiamo tessere e non abbiamo quote d’iscrizione; chiunque vuole far parte del Jonathan deve soltanto venire alle riunioni ed eventualmente darsi da fare, tutto qui.
Fin qui, si è parlato di divergenze formali. Più profonde sono quelle politiche.
Tutto quello che ha fatto l’Arcigay negli ultimi due o tre anni può riassumersi in una sola sigla: PACS. L’Arcigay, conducendo un’estenuante campagna elettorale per l’On. Grillini e chiudendosi solamente a una delle tante realtà del mondo GLBT italiano (e creando così attrito con tutti gli altri movimenti GLBT), crede che il diritto degli omosessuali a esistere e ad avere una vita felice sia squisitamente legislativo, ossia: una volta approvata una legge pro-omosessuali, tutti gli omosessuali sentiranno sprigionarsi dal profondo del loro cuore una enorme felicità che niente e nessuno potrà mai rovinare nei secoli dei secoli. Il primo passo di questa strategia politica è, ovviamente, l’approvazione di una legge minima: quella sui PACS, ma a quanto pare dalle ultime notizie sul programma elettorale concordato dai partiti aderenti all’Unione di PACS non si parla neanche, in detto programma si parla di un generico riconoscimento giuridico (?) delle coppie di fatto….. Ha ancora senso continuare a parlare di PACS quando in altri Paesi a noi vicinissimi le coppie omosessuali godono degli stessi diritti previsti per le famiglie tradizionali? L’Arcigay era così impaurita che i PACS non fossero approvati, ma a quanto neppure contemplati dal programma, che ha cercato di presentarli come una legge trasversale, utile a una giovane coppia eterosessuale che non vuole sposarsi ma vuole convivere-come-se-fosse-sposata, utile per una coppia di anziane vecchiette che vogliono andare a vivere insieme per solidarietà e mutuo aiuto e, solo marginalmente e per un numero di richieste irrisorio, utile per qualche sparuta coppia omosessuale. solo marginalmente e per un numero di richieste irrisorio, utile per qualche sparuta coppia omosessuale. Il Jonathan che ha condiviso e appoggiato varie battaglie lanciate dall’Arcigay , partecipato a più di una manifestazione da questa organizzate e che inizialmente aveva aderito attivamente alla campagna sui PACS (abbiamo raccolto nella sola città di Pescara circa 800 firme – nella città di Milano ci risulta ne siano state raccolte poco più di 2.000 firme!), nell’ultimo anno ha preso le distanze da quelle manifestazioni che vedevano i Patti Civili di Solidarietà come unica ed esclusiva rivendicazione dell’universo GLBT. Non sembri contraddittoria la battaglia della nostra Associazione per l’istituzione di un registro delle Unioni Civili nella nostra città, in quanto tale atto avrebbe rappresentato un valore altamente simbolico per tutti gli omosessuali che vivono ancora con vergogna e paura la loro condizione.
La verità – ma nessuno dell’Arcigay la dirà mai – è che i PACS non sono altro che uno scimmiottamento del matrimonio e servono solamente alle coppie omosessuali alle quali in Italia non è permesso sposarsi, una legge che permettesse il matrimonio alle coppie dello stesso sesso farebbe tremare le ginocchia ai benpensanti. E quei benpensanti sappiano – perché, di nuovo, questo l’Arcigay non lo dirà mai – che i PACS sono una via tortuosa per arrivare non solo ai veri e propri matrimoni, ma anche alle adozioni perché, proprio come tutti gli altri, anche gli omosessuali hanno diritto ad una famiglia che la legge, e non la natura, impedisce loro di avere.
Ma questo delle coppie omosessuali è solo uno dei tanti problemi della realtà GLBT. Noi del Jonathan rimproveriamo all’Arcigay di aver rotto, con l’ultima trita manifestazione del “Tutti in PACS”, l’accordo programmatico dei quattro punti minimi che tutte le associazioni GLBT avevano firmato e spedito ai candidati dell’Unione, e che ora, a programma stilato, ripropongono:
1. una legge che riconosca le coppie gay e lesbiche;
2. azioni positive contro le discriminazioni e le violenze, che promuovano una cultura dell’accoglienza e del rispetto delle varie entità di genere e di orientamento sessuale;
3. azioni efficaci per la salute e il benessere, per esempio migliorando la legge 164 introducendo il cambiamento dei dati anagrafici delle persone transessuali anche prime e in assenza di riattribuzione sessuale con l’intervento chirurgico senza dimenticare di riprendere la battaglia per l’abolizione della legge sulla procreazione assistita (legge 40);
4. l’internazionalizzazione dei diritti affinché anche i Italia agli omosessuali/transessuali perseguitati nel loro paese di origine sia concessa asilo politico.
A prescindere dalle posizioni dell’Arcigay e della politica nazionale, siamo intenzionati a continuare la nostra lotta per i diritti civili delle persone GLBT – e speriamo che molte altre associazioni facciano lo stesso.
Rispettiamo l’Arcigay e riconosciamo che negli anni ’80 è stata un’istituzione importantissima per la creazione di una identità omosessuale italiana dopo i furori del FUORI!.
Oggi, però, le cose sono parecchio diverse da venti anni fa. Noi del Jonathan – Diritti in movimento ci troviamo a dissentire da molte scelte dell’Arcigay nazionale, sia sul campo formale che su quello politico.
L’Arcigay richiede, infatti, che tutte le associazioni locali affiliate siano dotate di un computer adibito all’emissione di tessere magnetiche che chiunque deve possedere (previo pagamento di € 14) prima dell’ingresso nell’associazione. In pratica, chi vuole solo vedere quello che si fa in un’associazione Arcigay prima di decidere se farne parte o meno deve comunque pagare per ottenere la tessera. L’Arcigay, così facendo, non solo guadagna parecchi soldi, ma può tenere continuamente aggiornato il numero dei suoi iscritti – e difatti tempo fa si è vantata di avere oltre 100.000 iscritti.
Ma qui c’è l’inghippo: le tessere non sono emesse solamente dai circoli e dalle associazioni, ma anche da saune, discoteche e altri luoghi che con la lotta politica hanno poco a che fare. E allora l’Arcigay è l’unica associazione che conta 100.000 iscritti di cui più di una buona metà non sa che il circolo Arci è una realtà nazionale (di cui l’Arcigay è solo una costola) che fa politica a sinistra e che la tessera Arci costa 5 euro per tutti, ma quando si trasforma in tessera Arcigay il prezzo lievita fino a diventare il triplo (forse perché c’è l’idea diffusa che i gay, non essendo loro permesso di avere una famiglia, possono spendere e spandere i loro soldi in barba alla crisi economica?).
Noi del Jonathan, invece, abbiamo scelto una strada diversa: crediamo che ciò che importa non siano tanto i numeri, quanto la consapevolezza dei membri e degli associati. Non abbiamo tessere e non abbiamo quote d’iscrizione; chiunque vuole far parte del Jonathan deve soltanto venire alle riunioni ed eventualmente darsi da fare, tutto qui.
Fin qui, si è parlato di divergenze formali. Più profonde sono quelle politiche.
Tutto quello che ha fatto l’Arcigay negli ultimi due o tre anni può riassumersi in una sola sigla: PACS. L’Arcigay, conducendo un’estenuante campagna elettorale per l’On. Grillini e chiudendosi solamente a una delle tante realtà del mondo GLBT italiano (e creando così attrito con tutti gli altri movimenti GLBT), crede che il diritto degli omosessuali a esistere e ad avere una vita felice sia squisitamente legislativo, ossia: una volta approvata una legge pro-omosessuali, tutti gli omosessuali sentiranno sprigionarsi dal profondo del loro cuore una enorme felicità che niente e nessuno potrà mai rovinare nei secoli dei secoli. Il primo passo di questa strategia politica è, ovviamente, l’approvazione di una legge minima: quella sui PACS, ma a quanto pare dalle ultime notizie sul programma elettorale concordato dai partiti aderenti all’Unione di PACS non si parla neanche, in detto programma si parla di un generico riconoscimento giuridico (?) delle coppie di fatto….. Ha ancora senso continuare a parlare di PACS quando in altri Paesi a noi vicinissimi le coppie omosessuali godono degli stessi diritti previsti per le famiglie tradizionali? L’Arcigay era così impaurita che i PACS non fossero approvati, ma a quanto neppure contemplati dal programma, che ha cercato di presentarli come una legge trasversale, utile a una giovane coppia eterosessuale che non vuole sposarsi ma vuole convivere-come-se-fosse-sposata, utile per una coppia di anziane vecchiette che vogliono andare a vivere insieme per solidarietà e mutuo aiuto e, solo marginalmente e per un numero di richieste irrisorio, utile per qualche sparuta coppia omosessuale. solo marginalmente e per un numero di richieste irrisorio, utile per qualche sparuta coppia omosessuale. Il Jonathan che ha condiviso e appoggiato varie battaglie lanciate dall’Arcigay , partecipato a più di una manifestazione da questa organizzate e che inizialmente aveva aderito attivamente alla campagna sui PACS (abbiamo raccolto nella sola città di Pescara circa 800 firme – nella città di Milano ci risulta ne siano state raccolte poco più di 2.000 firme!), nell’ultimo anno ha preso le distanze da quelle manifestazioni che vedevano i Patti Civili di Solidarietà come unica ed esclusiva rivendicazione dell’universo GLBT. Non sembri contraddittoria la battaglia della nostra Associazione per l’istituzione di un registro delle Unioni Civili nella nostra città, in quanto tale atto avrebbe rappresentato un valore altamente simbolico per tutti gli omosessuali che vivono ancora con vergogna e paura la loro condizione.
La verità – ma nessuno dell’Arcigay la dirà mai – è che i PACS non sono altro che uno scimmiottamento del matrimonio e servono solamente alle coppie omosessuali alle quali in Italia non è permesso sposarsi, una legge che permettesse il matrimonio alle coppie dello stesso sesso farebbe tremare le ginocchia ai benpensanti. E quei benpensanti sappiano – perché, di nuovo, questo l’Arcigay non lo dirà mai – che i PACS sono una via tortuosa per arrivare non solo ai veri e propri matrimoni, ma anche alle adozioni perché, proprio come tutti gli altri, anche gli omosessuali hanno diritto ad una famiglia che la legge, e non la natura, impedisce loro di avere.
Ma questo delle coppie omosessuali è solo uno dei tanti problemi della realtà GLBT. Noi del Jonathan rimproveriamo all’Arcigay di aver rotto, con l’ultima trita manifestazione del “Tutti in PACS”, l’accordo programmatico dei quattro punti minimi che tutte le associazioni GLBT avevano firmato e spedito ai candidati dell’Unione, e che ora, a programma stilato, ripropongono:
1. una legge che riconosca le coppie gay e lesbiche;
2. azioni positive contro le discriminazioni e le violenze, che promuovano una cultura dell’accoglienza e del rispetto delle varie entità di genere e di orientamento sessuale;
3. azioni efficaci per la salute e il benessere, per esempio migliorando la legge 164 introducendo il cambiamento dei dati anagrafici delle persone transessuali anche prime e in assenza di riattribuzione sessuale con l’intervento chirurgico senza dimenticare di riprendere la battaglia per l’abolizione della legge sulla procreazione assistita (legge 40);
4. l’internazionalizzazione dei diritti affinché anche i Italia agli omosessuali/transessuali perseguitati nel loro paese di origine sia concessa asilo politico.
A prescindere dalle posizioni dell’Arcigay e della politica nazionale, siamo intenzionati a continuare la nostra lotta per i diritti civili delle persone GLBT – e speriamo che molte altre associazioni facciano lo stesso.